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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254908
Saltini, Guglielmo Enrico 29 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

travagliato dalla fortuna morì allo spedale di Santa Maria Nuova, ed ebbe modestissima tomba nel chiostro del convento di San Marco dalla pietà d’un

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studi, operò quasi sempre con assai correzione ed eleganza, e n’ebbe onore in Italia e fuori, singolarmente appresso i Francesi che lo vollero membro

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restauri, riattamenti ed in altre cose d’ingegneria, poco operasse di nuovo, la palazzina Ad Votum da lui rifatta in via Larga (oggi Cavour) è esempio di

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. 14,762 nel punto più basso della campagna, e m. 12,991 accostandosi alla città. Gli archi sono di mattoni ed i pilastri in muramento con bozze e filari

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a spirale con assai vaghezza ed accorgimento; la Tribuna di Galileo eretta nel 1840 al Museo di Fisica e Storia Naturale, e il palazzo della prima

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Noi abbiamo veduto qual fosse in Toscana l’Architettura innanzi che il Paoletti ed i suoi valorosi allievi la riconducessero a più veri principii; ma

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opere all’insegnamento. Ed in vero pratica dell’arte ebbe poca, come mostra quel suo deposito scolpito per Giuseppe Bencivenni Pelli, oggi nel

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prima ed ultima statua che gli fosse dato scolpire in forme grandi al vero. — GIUSEPPE BENELLI di Firenze (n. 27 maggio 1819, m. 9 gennajo 1861) fu

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Buonarroti, che nel 1842 fu posta sotto il portico degli Uffizi, sono opere per concetto, ed esecuzione commendabilissime. Quel Michelangiolo poi che pensa

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fatto rivivere tra noi V arte di fondere in bronzo statue ed altri oggetti di plastica, dopo Giovan Bologna e Ferdinando Tacca quasi affatto

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differenti suoi visceri, staccarli, riunirli, ed anco aprirli per conoscerne la interna forma. Questo corpo intiero ed altre preparazioni parziali

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), apprese l’arte nello studio del Calenzuoli; ma le cose sue all’occhio degl’intelligenti rimangono di gran lunga inferiori a guelle del maestro; ed ebbe

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legno ed avorio, che salite già in alto grado nel secolo XVI, rifioriscono oggi mirabilmente. Da qualche tempo si ammiravano in Toscana i lavori

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: «Io pago e aiuto questi miserabili, ed altri prenderà cura di far imbiancare le volte!» Non pertanto vennero i nuovi tempi per l’arte: ma noi prima di

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conto. Più che altro si occupò di ritratti e, buoni o cattivi, ne fece a quanti forestieri capitarono in città; ed acquistò fama grandissima in gran

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ed affetti, ebbe comune la fama del Mengs. Ma taluno vorrebbe considerarlo, e non senza ragione, più romano che lucchese, perchè a Roma solamente fece

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VALENTINO BALDI di Pistoja (n. 1744, m. 22 ottobre 1816) fu anch’esso pittore di prospettive e d’ornati, ed ebbe rinomanza nel colorire grottesche

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, specialmente nella reai Cappella, e quelli della SS. Annunziata e di Sant’Ambrogio; ed a porgere più adeguata idea di quella sua strana fantasia, basti dire che

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colorito, ed espressione somma nella testa del Santo, già sul punto di cogliere la palma dei martiri. Un’opera così bene condotta fruttò subito al giovane

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, lo fece considerare come uno dei più grandi artisti del tempo, competitore degnissimo-del Benvenuti. Ed entrambi, vicendevolmente stimandosi, si

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disegno di composizione, Saffo ed Alceo agli Elisi; la seconda (1809) col quadro a olio, Zenobia raccolta dal fiume Arasse. Pensionato a Roma, ivi

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, acquistò bella fama. Colorito bellissimo e generalmente armonioso, assai rilievo nelle figure, larghezza nel disegnare, ed effetto sempre stupendo, ecco i

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metodi del suo tempo, amò le cose dei buoni secoli, tutte verità ed espressione; e fece diversi quadri o per chiese o per privati, non senza pregi. Dipinse

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venuti in fama, ed ahi! troppo presto rapiti all’arte. FRANCESCO (n. in Firenze 22 febbraio 1803, m. nell’agosto 1830) fu allievo del padre; e fino dalla

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la disciplina di Giuseppe Wagner, valente incisore a bulino ed all’acqua forte, e presto venne in fama di avere superato il maestro. Ma traendo poco

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perfezione. Chiamato poi a Firenze da Ferdinando III, quivi passò il resto della sua vita, e v’ebbe fiorita scuola nell’Accademia, casa, stipendio, ed agio a

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; intorno alla più vera effigie della quale lesse (1824) nella Società Colombaria, a cui appartenne, una bella ed erudita memoria. — GALGANO CIPRIANI

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Firenze, ed oltre ad avere maestrevolmente inciso il Carlo V a cavallo del Wandick, e un bellissimo ritratto del letterato Giuseppe Borghi, ha fatto tra

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architetti d’Italia; da Pietro Leopoldo I che ne conobbe il sapere, fu ascritto tra i regi architetti, ed ebbe poi cattedra nell'Accademia fiorentina

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